L'ISTITUTO REGINA MARGHERITA

di Fabrizio Primoli

 

Il nucleo embrionale di quello che, ai giorni nostri, è noto con il nome di Istituto Regina Margherita è rappresentato dall'originario Orfanotrofio San Carlo, che ebbe sede a Teramo dapprima in locali assai angusti, dotati anche di una piccola cappella dedicata appunto a San Carlo, posti lungo l'attuale Via Melchiorre Delfico, che successivamente furono demoliti e, sul loro stesso sito, venne poi realizzato il Palazzo di giustizia, oggi trasferito nella nuova e attuale sede e i cui antichi ambienti sono ai giorni nostri occupati dal Museo Archeologico Francesco Savini. Al primo piano, difatti, il relativo auditorium è ancora conosciuto con il nome di Sala San Carlo, a memoria dell'originario sito nel quale sorgeva l'antico Orfanotrofio.

 

Ancor prima del citato Orfanotrofio era operante in Città un ricovero pio, detto delle Povere pentite, destinato ad ospitare donne di malaffare che vi si ritiravano «per vivere cristianamente, vestendosi da religiose», pur senza natura ecclesiastica e clausura. A seguito della donazione operata da Maria Morganti, pia donna che aveva dichiarato l'Orfanotrofio quale erede universale di tutti i suoi beni e le cui spoglie, originariamente collocate presso la cappella di San Carlo all'interno degli angusti locali dell'omonimo Istituto in Via Melchiorre Delfico, sono oggi custodite all'interno della chiesa dei frati cappuccini a Teramo, l'Istituto stesso ebbe modo di crescere economicamente e strutturalmente e di dotarsi, altresì, di una autonoma amministrazione.

 

Il problema della sede, tuttavia, sino ad allora angusta e inidonea agli scopi istituzionali, dovette finalmente essere affrontato in maniera adeguata. Su sollecitazione dei prefetti del tempo, si pervenne dunque alla decisione di demolire, ad opera della Provincia di Teramo, i vecchi fabbricati, divenuti ormai fatiscenti, e di edificare sullo stesso sito una nuova struttura (che successivamente diverrà il Palazzo di giustizia e, oggi, il Museo Archeologico Francesco Savini) adatta ad accogliere il pio Istituto. Il nuovo fabbricato venne dunque completato nel 1858, ma ben presto si rivelò non più sufficiente ad ospitare un numero sempre crescente di giovani assistite, man mano che l'attività dell'ente andava potenziandosi.

 

Tenuto conto di tali circostanze, che indubbiamente tuttavia recarono lustro e vantaggio al pio Istituto, la relativa denominazione venne formalmente mutata, il 7 settembre 1879, in Orfanotrofio femminile Regina Margherita, in onore di Margherita di Savoia, prima Sovrana d'Italia e consorte del Re Umberto I, che personalmente poi approvò, il 4 gennaio 1880, lo statuto dell'ente.

 

Si pervenne quindi alla decisione di mutare nuovamente la sede dell'Istituto e fu stabilito di trasferire l'Orfanotrofio negli ampi locali con relativi orti un tempo occupati dal convento dei frati cappuccini, annesso e contiguo all'omonima chiesa, già soppresso dal nuovo governo del Regno d'Italia con regio decreto 7 luglio 1866 n. 3036.

 

Questo immenso complesso immobiliare, la cui origine risale presumibilmente al XII secolo e che comprendeva anche orti e spazi aperti di dimensioni assai più vaste di quelle odierne (giungendo sino ad occupare addirittura le aree sulle quali oggi sorgono l'attuale Palazzo della Provincia e l'attuale Piazza Dante Alighieri), era in origine dedicato a San Benedetto e gestito, per l'appunto, dai monaci benedettini. La chiesa e il convento furono successivamente affidati ad una comunità di gesuiti, nel 1570, ma la loro permanenza a Teramo terminò già nel 1573, appena tre anni dopo. Subentrarono pertanto nella gestione della chiesa e del convento i frati cappuccini, che si insediarono nel 1575 e la mantennero in maniera ininterrotta, gestendo attività educative per i giovani e gestendo altresì la loro grandiosa biblioteca, sino alla soppressione del 1866 e all'incameramento dei relativi beni nel demanio dello Stato. Tra gli interventi strutturali realizzati nel corso dei secoli della gestione dei frati cappuccini, non possono non citarsi l'ampliamento del convento collegato alla chiesa e la riduzione di quest'ultima dalle tre navate originarie, inizialmente volute dai fondatori benedettini, all'unica navata di oggi poiché le navate laterali furono ridotte a cappelle (a destra) e a corridoio ad uso del convento (a sinistra).

 

A seguito della soppressione post unitaria, disposta col citato regio decreto 7 luglio 1866 n. 3036, i frati cappuccini dovettero abbandonare i locali che avevano ininterrottamente  abitato e gestito per poco meno di tre secoli e il complesso venne quindi incamerato dal demanio dello Stato e da questi poi ceduto al Comune di Teramo. Il provvedimento riguardò sia il convento, sia la chiesa attigua: il Comune di Teramo, in merito a quest'ultima, dispose di mantenerne l'apertura alla comunità e la quotidiana officiatura.

 

Con deliberazione del 28 ottobre 1878, tuttavia, si pervenne alla decisione di permutare il complesso costituito dagli orti, dal convento e dall'attigua chiesa (che non venne formalmente citata nell'atto di permuta, ma che rientrò comunque - secondo pacifiche ricostruzioni - nel contratto in questione e che costituì a pieno titolo una sorta di cappella ad uso quasi esclusivo dell'Orfanotrofio) già appartenuto ai frati cappuccini e ora in disponibilità da parte del Comune di Teramo, con il nuovo palazzo, realizzato come detto nel 1858 (e ora in disponibilità da parte della Provincia di Teramo), che sino a quel momento aveva ospitato l'Orfanotrofio: il Comune acquisì quest'ultimo e la Provincia acquisì il complesso dei frati cappuccini, nel quale conseguentemente trasferì l'Orfanotrofio in soli cinque mesi, inaugurandone questa nuova sede il 14 marzo 1879. Dal 22 agosto 1902 il complesso è stato classificato come monumento nazionale. 

 

I Prefetti del tempo, comunque, si interessarono alle vicende dell'Orfanotrofio e già nel 1845, per iniziativa del Prefetto Francesco Statella, marchese di Spaccaforno, erano state chiamate a gestirlo le Suore della carità di Santa Giovanna Antida Thouret, ordine religioso diverso da quello operante all'interno dell'Ospizio di Sant'Antonio Abate a Porta Melatina. La presenza di queste suore, che presteranno ininterrottamente servizio nel teramano per 144 anni, caratterizzò fortemente l'attività dell'Orfanotrofio Regina Margherita e ne determinò un impulso straordinario dal punto di vista assistenziale, organizzativo e pedagogico. Le prime suore che si insediarono nella struttura furono solamente tre, a capo delle quali fu posta la ginevrina suor Stanislaa  Mercier di Eviant, ma il loro numero crebbe sensibilmente negli anni che seguirono.

 

La vita e le attività condotte all'interno dell'Orfanotrofio furono sempre regolate dallo statuto del 1880, in seguito più volte rivisitato. Tra le due guerre mondali l'Istituto ebbe ad ospitare un numero assai elevato di allieve, tutte orfane di guerra, mantenute totalmente a spese della Prefettura.

 

Il complesso, dotato di una immensa area verde (in parte allestita a giardini con piccole fontane e una riproduzione della grotta di Lourdes con annesso altare, in parte sistemata a boschetto), era costituito dalla chiesa e dal convento attiguo. Due porte assicuravano il collegamento tra le aree: una era posta al piano terra e l'altra era posta al primo piano, attraversando l'alloggio delle suore. La prima di esse collegava l'atrio dell'ingresso principale dell'Orfanotrofio con il coro della chiesa e, quindi, con l'aula ecclesiale. La seconda, quella posta al piano superiore, collegava uno degli alloggi delle suore con la tribuna di controfacciata della chiesa, nella quale è tuttora conservato l'antico organo a canne. Questo, realizzato da Adriano Fedri nel 1762 e successivamente restaurato da Vincenzo Di Pietro nella metà del XX secolo, è di natura assai simile all'analogo organo tuttora presente nella chiesa di Sant'Agostino, realizzato anch'esso da Adriano Fedri cinque anni più tardi (1767) e restaurato anch'esso dal medesimo artigiano.

 

Nello spazio oggi occupato dal moderno edificio nel quale trova sede la scuola dell'infanzia Gemma Marconi, realizzato negli anni settanta del XX secolo, un padiglione di ridotte dimensioni, ad unico piano, ospitava alcune aule didattiche. Questo padiglione fu successivamente demolito in occasione della realizzazione del suddetto moderno edificio scolastico.

 

All'Orfanotrofio si accedeva attraverso l'ingresso principale, posto al termine del lungo vialetto d'accesso che si guadagnava dopo aver attraversato il padiglioncino eretto su Via Pietro Rosati nel corso degli interventi di sistemazione e recinzione del complesso, effettuati nei primi anni del XX secolo. Il padiglioncino di ingresso era dotato di due locali laterali, uno dei quali era adibito a portineria.

 

Dall'atrio principale dell'Orfanotrofio erano quindi raggiungibili l'area della presidenza e degli uffici amministrativi (un tempo collegati direttamente con l'esterno attraverso una porta, oggi murata, che si apriva su Viale Giuseppe Mazzini, proprio a lato del portale principale della chiesa), la prima scalinata per il piano superiore e, sulla destra, l'ampio corridoio che dava accesso agli ambienti comuni del piano terra. Qui erano ospitati la cucina, la dispensa, le aree di studio e di lavoro, la seconda scalinata per il piano superiore, i servizi igienici, il refettorio antico e quello moderno, la camera e l'ufficio della suora sorvegliante, il teatrino, alcune aule didattiche, i locali tecnici, la lavanderia e altri locali comuni. Su quest'area si apriva inoltre un ampio portone, posto lungo Viale Giuseppe Mazzini, dal quale accedevano al complesso le sole collegiali ivi ospitate. Una ulteriore porta dava altresì accesso ad un secondo cortile, ad uso esclusivo delle collegiali stesse (nel quale era posto altresì il piccolo varco secondario che si apriva su Viale Giuseppe Mazzini, dal quale si accedeva per la consegna delle forniture e delle derrate alimentari). Entrambe le scalinate presenti erano tenute costantemente chiuse mediante cancelli, tuttora visibili, che dovevano essere aperti soltanto all'occorrenza.

 

Di autore ignoto, ma risalente verosimilmente al periodo tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo, è il grande affresco tuttora presente sulla parete di fondo dell'antico refettorio del convento. Vi è rappresentato, in una scena vivace e assai composita, l'episodio evangelico della lavanda dei piedi.

 

Risale presumibilmente all'epoca conventuale, ad uso dei frati cappuccini, l'apertura dell'ambiente ipogeo, forse ampliato riutilizzando un percorso preesistente, cui si ha accesso dal locale della dispensa. Un'angusta scalinata scende sino ad un locale sotterraneo, in epoca recente utilizzato come deposito fresco di generi alimentari, e, da esso, una ulteriore scalinata scende ancor più in profondità dando accesso ad un tunnel sconnesso che, attraversando l'attuale Piazza Dante Alighieri, pare dirigersi geograficamente verso la Basilica Cattedrale. Il tunnel tuttavia oggi è interrotto per cui non è possibile valutarne l'intero percorso.

 

Al piano superiore erano situate le camerate delle collegiali, alcune aule didattiche, i locali di servizio, aree comuni, i servizi igienici, il guardaroba e l'alloggio delle suore, interdetto a tutti gli altri ospiti del complesso.

 

Una ulteriore scalinata dava quindi accesso ad un terzo livello nel quale erano situati l'infermeria, una ampia camerata per le collegiali con relativi servizi igienici, l'archivio, la soffitta (posta sopra all'alloggio delle suore) e l'angusto vano di accesso al sottotetto della chiesa (proprio al di sopra del soffitto dell'aula ecclesiale).

 

Come testimoniato dai preziosi scritti di suor Anna Tullio, membra della congregazione di religiose, «le orfane frequentavano la scuola materna se piccole; se grandi, invece, conseguendo la licenza elementare, passavano al laboratorio nel quale eseguivano corsi di ricamo, di cucito, di rammendo, tenuti da personale specializzato.

 

Nell'ottobre del 1921 la direzione dell'Orfanotrofio venne affidata a suor Angelina Pappano la quale nella tarda età, colpita da cecità, fu affiancata dalla consorella suor Celestina. Essendo quest'ultima un'insegnante elementare con notevoli capacità organizzative, istituì presso l'Istituto una scuola elementare privata esterna, che ben presto arrivò ad accogliere centinaia di alunni.

 

La scuola elementare conseguì il suo massimo sviluppo nel 1939, quando la direzione della struttura fu affidata a suor Agostina Borgonovo, giunta da Milano. Le sue capacità organizzative erano tali da coinvolgere le altre suore insegnanti, per cui la scuola fiorì oltre che per il numero, anche per la qualità della didattica». E degne di menzione furono parimenti, per l'instancabile opera prestata all'interno dell'Istituto, le sue consorelle: suor Angelina Pappano, suor Maria Lamberta Corsi e suor Lucia Marinozzi.

 

«Ogni anno», prosegue suor Anna Tullio nei suoi scritti, «la scuola offriva un saggio di piccoli attori e attrici, esibendo operette di Romolo Corona e tutta la cittadinanza teramana era coinvolta e apprezzava i valori che tale scuola riusciva a trasmettere.

 

Anche la scuola materna ebbe un notevole incremento, sino ad accogliere 200 bambini, mentre la scuola elementare istruiva un totale di 350 alunni, tra esterni e interni all'Orfanotrofio».

 

A titolo di curiosità, è piacevole citare, come ricordano ancora oggi con affetto i testimoni di intere generazioni che hanno frequentato l'Istituto nel corso del tempo, la consueta formula del «Cristo regni» quale saluto quotidiano che risuonava limpido in ogni ambiente, adottato dagli allievi e dal personale in luogo del comune «buongiorno». Grande cura era riservata anche alla riproduzione della grotta di Lourdes, situata nel giardino, in prossimità della quale, come riportano i ricordi degli allievi, le suore facevano bruciare ogni anno i ramoscelli raccolti dai piccoli ospiti mentre essi esprimevano un desiderio alla Madonna.

 

Nel corso degli anni settanta e ottanta del Novecento, numerosi sono stati altresì gli interventi strutturali che sono stati condotti sul complesso al fine di adattarlo alle esigenze del momento. Un primo intervento ha riguardato la demolizione, come accennato in precedenza, del piccolo padiglione delle aule didattiche situato nel mezzo del parco con la realizzazione, al suo posto, del moderno edificio scolastico utilizzato dalla scuola dell'infanzia. Sono state inoltre parzialmente tamponate le arcate che sino ad allora avevano caratterizzato l'antico chiostro della struttura, aperto su tre lati: si è così provveduto a ricavare ulteriori locali mediante la chiusura del portico perimetrale, illuminati attraverso nuovi e grandi finestroni con arcate a tutto sesto. Oggetto di definitiva chiusura è stato anche il varco di collegamento fra l'atrio principale dell'Istituto e il coro dell'attigua chiesa. Ulteriori spazi comuni sono stati inoltre ricavati mediante il sezionamento di ambienti più ampi, su entrambi i livelli del complesso. 

 

La situazione tuttavia iniziò a mutare non appena il numero delle suore in servizio nell'Istituto progressivamente diminuì. Come testimoniato da suor Anna Tullio, «la scuola elementare cominciò a declinare fino al suo esaurimento, nel 1972. Rimase in attività la scuola materna, diretta da suor Chiara Cimini, in collaborazione con insegnanti laiche». Il servizio di alloggio per le allieve cessò nel corso del 1985.

 

«Per mancanza di suore che potessero fornire aiuto alle poche rimaste in servizio, furono ritirate definitivamente anche queste ultime dalla Superiora generale di Roma alla fine del luglio 1989. L'opera educativa e umanitaria delle Suore della carità a favore delle orfane e di tutta la popolazione teramana è stata apprezzata e valorizzata dalla stessa cittadinanza. Lo attestano le tante testimonianze delle persone che hanno vissuto a contatto con questa istituzione. Anche i lavori, soprattutto di ricamo, eseguiti a suo tempo dalle orfane sono ancora oggi ricordati per il loro valore artistico e per l'abilità tecnica con la quale vennero eseguiti: lo attesta la medaglia di riconoscimento che la Cassa di risparmio della provincia di Teramo volle consegnare, il 5 dicembre 1990, alle Suore della carità che erano da poco partite», lasciando per sempre la Città nella quale avevano servito per 144 anni. Il provvedimento formale di soppressione canonica del servizio, sottoscritto dalla Curia generalizia a Roma, fu del 31 luglio 1989.

 

Terminata questa straordinaria esperienza, un nuovo cambio di denominazione interessò l'Istituto, che dalla data del 11 ottobre 1971, sino ai giorni nostri, è divenuto formalmente Istituto Regina Margherita.

 

Caso unico nella storia degli istituti socio-sanitari della Città, non essendo mai stata assorbita dagli Ospedali ed istituti riuniti di Teramo, l'amministrazione autonoma della struttura, che dal 1994 al 2016 ha ospitato in parte una scuola materna gestita da personale laico appartenente alla scuola dell'infanzia Gemma Marconi, è attualmente confluita nell'Azienda pubblica per i servizi alla persona 1 di Teramo (ASP 1), ai sensi di quanto previsto dalla legge 8 novembre 2000 n. 328 e dal successivo decreto legislativo 4 maggio 2001 n. 207.

 

Per volontà di tale Azienda, nell'ambito di un progetto, recentemente approvato, dell'importo complessivo di 10 milioni di euro, è stato finalmente disposto il recupero dell'intero complesso attraverso la demolizione del fabbricato scolastico moderno e la sua ricostruzione (nel quale verrà ospitata la nuova scuola dell'infanzia Gemma Marconi), la ristrutturazione e il restauro conservativo degli edifici storici (che ospiteranno una residenza sanitaria assistenziale per anziani con capienza di 40 posti) e il ripristino delle aree verdi. Nel complesso troveranno sede anche una galleria espositiva e museale (che conserverà tracce e memoria dell'antica vocazione dei luoghi) e un'area per convegni ed eventi (che sarà ospitata nello storico teatrino).

Per approfondire:

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