OSPEDALE PSICHIATRICO DI TERAMO Storia della Sanità Locale
OSPEDALE PSICHIATRICO DI TERAMOStoria della Sanità Locale

LA SITUAZIONE NEL 1919

di Fabrizio Primoli

 

Nel mese di marzo 1919, l'ultimo della sua permanenza nel Manicomio teramano, il Direttore Garbini trasmise alla Congregazione di carità una dettagliata relazione sullo stato della struttura da lui guidata sino a quel momento e sulle caratteristiche dell'assistenza sanitaria del tempo. Il testo in parola costituisce, per il lettore dei giorni nostri, un autentico spaccato storico dei servizi sanitari del primo novecento e rappresenta altresì una fonte straordinaria per ricostruire con dovizia di particolari le attività e la vita della Sezione psichiatrica locale.

 

 

L'EDILIZIA

Il primo aspetto preso in esame dal Direttore fu quello di carattere edilizio. «Il Manicomio di Teramo» scrisse il Garbini «non ha un particolare tipo di costruzione. Situato alla periferia della Città, lungo il viale di circonvallazione del torrente Vezzola, ha forma allungata con due porzioni espanse alle sue estremità. La parte che guarda il Vezzola è sita completamente a nord, ma su questo lato non vi sono che corridoi di disimpegno, mentre i dormitori e le stanze di trattenimento sono in massima parte rivolti a mezzogiorno e in minima parte ad oriente.

 

Alcuni reparti (quali l'infermeria, la sala di vigilanza continua e la sezione agitati) sono collegati al corpo centrale da spaziosi corridoi che divergono in senso opposto. Il padiglioncino dei frenastenici e il reparto dei semiagitati sono distaccati dal corpo centrale e ciascuno forma un reparto completamente a sé. Ciascun reparto, ad eccezione di quello degli agitati, ha una particolare infermeria. Per comodità e semplicità di servizio, quest'ultima sezione usufruisce della infermeria annessa al padiglione degli impropri e semiagitati.

 

Il padiglione dei frenastenici, quello di osservazione e dei tranquilli sono costruiti a due piani: un pianterreno molto sollevato dal piano stradale e un primo piano. Al pianterreno si trovano le camere di soggiorno, i bagni e il guardaroba; al primo piano si trovano le infermerie e i dormitori. Il reparto per i nuovi ammessi e quello di vigilanza continua per gli auto-pericolosi sono riuniti nello stesso fabbricato.

 

In questi reparti le camere contengono da 4 a 6 letti, mentre la sala di vigilanza continua ne contiene 18. In questa sezione non trovano ricetto i clamorosi abituali.

 

Il padiglione dei semiagitati è ad un solo piano, il primo, perché il pianterreno, con ingresso del tutto indipendente, è adibito a magazzini e ad ufficio di economato. Il padiglione degli agitati è invece a due piani ma, per esigenze di servizio e poiché questa specie di malati, sempre più in diminuzione, è anche oggi fortunatamente in numero esiguo, il primo piano serve da dormitorio alle malate della sezione femminile che vi accedono direttamente dai loro reparti. Al pianterreno, sopraelevato dal suolo, e scantinato vi sono i refettori, le sale di soggiorno e due dormitori, capaci di 10 letti ciascuno.

 

Al reparto tranquilli sono annesse le officine del calzolaio, del sarto, del pittore, del fabbro, del meccanico e del falegname, mentre nel reparto agitati si lavorano paglia e il vimini. In quello dei semiagitati, oltre detta lavorazione, si fa quella delle scope e si confezionano i materassi. Il detto reparto, l'ampio cortile è, in una sua parte, coltivato a orto da uno o due ricoverati della sezione.

 

Nel Manicomio di Teramo, mentre abbondano, specialmente nella sezione uomini, i cortili (due dei quali alberati), mancano completamente i giardini e purtroppo non vi è la possibilità di formarne.

 

Ogni reparto è fornito di latrine e di bagni, ma giova avvertire che questi sono in numero insufficiente, allogati in locali incomodi, e nessuno di essi corrisponde intieramente ai bisogni della moderna tecnica manicomiale.

 

La sezione donne ha tre reparti ben distinti, ma comunicanti fra loro mercè corridoi e passerelle. I comparti di osservazione, di vigilanza continua e di infermeria sono raggruppati in un solo fabbricato ma, mentre ciascuno di essi ha ingresso indipendente, tutti e tre comunicano direttamente fra loro. Detto padiglione ha un pianterreno e due piani: il primo e il secondo piano sono esclusivamente adibiti a infermeria, a sale di clinoterapia e di vigilanza continua; al pianterreno sono invece collocati da una parte i laboratori di rammendo, la tessitoria, l'officina del materassaio, i refettori per le tranquille; e dall'altra le sale di soggiorno e il refettorio per le semiagitate. A sua volta, il guardaroba di confezione e l'officina per la fabbricazione delle scarpe e delle pantofole trova posto al primo piano per assoluta mancanza di spazio al piano terreno.

 

Le agitate hanno una camera di soggiorno, un refettorio e un cortile a sé completamente eccentrico, ma facente corpo con detto fabbricato. Nei locali di soggiorno delle agitate e delle semiagitate vengono lavorate le calze per i bisogni dell'Istituto e la paglia per la fabbricazione delle ventole, delle sporte e dei cappelli.

 

Il padiglione agitate ha, oltre al pianterreno che è occupato da magazzini, da latrine e dalla sala di lavoro, un primo e un secondo piano. I dormitori sono ambienti (ad eccezione di due, ciascuno dei quali contiene 14 letti) capaci da 6 a 8 letti ciascuno. In questo reparto vi sono (le uniche ormai rimaste) due camere di isolamento, riservate per la notte alle malate aggressive.

 

I pavimenti di tutti i reparti, tanto uomini che donne, sono in buona parte costruiti von mattonelle rosse o bianche di Sieci e le pareti sono imbiancate a calce, quasi tutte senza zoccolo. Esse sono sempre bianchissime perché vengono tutti i giorni ritoccate laddove una macchia è comparsa, senza contare che l'imbiancatura generale viene periodicamente compiuta dai ricoverati muratori.

 

Non mancano per ciascun piano e reparto le latrine e i fontanini per l'acqua potabile. I letti sono in ferro, verniciati a fuoco, solidi, nella massima parte con rete metallica. I materassi sono di lana o di zostera marina, la quale alga corrisponde assai bene perché a modico prezzo, non dà ricetto a insetti, può essere lavata, non è incendiabile, è soffice e non arreca molestia agli ammalati. Le infermerie e le sale di clinoterapia dei reparti tranquilli sono provvedute di comodini di legno verniciato.

 

Gli uffici della Direzione, la camera operatoria, la biblioteca e i gabinetti scientifici sono, insieme con gli alloggi delle suore, nel corpo principale e centrale degli edifizi annessi all'ala di nuovissima costruzione, nella quale hanno sede gli uffici della Congregazione di carità, la farmacia, gli ambulatori per i malati poveri e il pensionario uomini dell'Ospedale Civile. Il Manicomio di Teramo non ha alloggio né per il Direttore, né per i medici di sezione; ha però messo a disposizione un appartamento per quel medico che si è assunto l'obbligo delle guardia notturna. Il farmacista, poiché la farmacia fa servizio al pubblico tanto di giorno come di notte, ha alloggio per sé e famiglia nello interno dello stabilimento.

 

In un locale completamente distaccato dal Manicomio vi sono la legnaia, la stazione di disinfezione (con macchinario Rastelli di Torino) e la lavanderia. Questa è a tipo misto: meccanica e manuale. La lavatura è fatta a mano da personale operaio esterno; il trasporto, la distensione per l'asciugamento naturale sono fatti da ricoverati. Vi è un idroestrattore elettrico e un asciugatoio ad aria calda.

 

La cucina si trova situata in un padiglione di recentissima costruzione: può provvedere alla preparazione dei cibi per più di 600 persone a mezzo di fornelli a fuoco diretto (sistema Emilio Pollini di Padova).

 

La chiesa, molto ampia, situata nel mezzo del fabbricato centrale, è attualmente abbandonata per le gravissime lesioni riportate in causa del terremoto della Marsica, che anche a Teramo ebbe le sue ripercussioni. Attualmente è adibito ad oratorio un altro locale situato nel centro del fabbricato, di faccia al padiglione dei tranquilli.

 

Contigui agli uffici della Direzione, che, come accennato, si trovano al primo piano del fabbricato principale, sono situati la stanza operatoria, il gabinetto di elettroterapia, quello fotografico, nonché quello per le ricerche istologiche, batteriologiche, sierologiche e chimiche.

 

Il Manicomio non ha camera mortuaria, ma si serve di quella dell'Ospedale Civile, che è fornita di un completo e ottimo armamentario».

 

 

L'ORGANIZZAZIONE INTERNA

La relazione, quindi, presegue con l'esame delle attività all'interno della struttura teramana: «Il Manicomio è governato da un buon regolamento interno redatto dal defunto Direttore, sulla traccia e guida di quello modello del Manicomio di Arezzo.

 

Fino allo scoppiare della guerra, è stata fiorente la scuola professionale per gli infermieri, scuola che si dovette in seguito sospendere per deficenza di personale sanitario.

 

I malati sono distribuiti nei diversi reparti secondo il criterio che il sanitario crede opportuno adottare caso per caso. La cura è assolutamente individuale. L'isolamento come sistema è, da due anni, del tutto abolito, salvo casi addirittura eccezionali e protempore, tantoché non esistono più celle di isolamento nel vero senso della parola.

 

La tendenza generale dell'assistenza è l'ergoterapia, la quale, insoeme alla clinoterapia e alla cura individuale, ha ridotto notevolmente il numero degli agitati e dei clamorosi. La calma del Manicomio infatti è raramente interrotta dalla petulanza di qualche epilettico o da transitoria agitazione di allucinati o di periodici.

 

Il numero degli infermieri e delle infermiere nei singoli reparti è distribuito a seconda della natura dei malati e della loro gravità. Complessivamente, gli infermieri o le infermiere addetti ai ricoverati cronici stanno a questi come 1 a 25; mentre, per tutti gli altri reparti, il rapporto è di 1 a 8. In questo rapporto non sono compresi i caposala, il lavandaio, il barbiere, l'agricoltore, il meccanico, il pittore, la tessitrice e la sarta.

 

La sorveglianza del personale uomini è fatta da un ispettore; quella della sezione femminile è fatta da una suora, coadiuvata da altre due compagne che funzionano da capo-reparto. La guardia notturna è dimezzata in due turni e ciascun infermiere ha mezza nottata di guardia e due nottate libere. L'ispezione alle guardie si compie dai caposala due volte per notte e mai ad ora fissa. Il personale che non è di guardia (eccezione fatta per il reparto dei clamorosi e le infermerie) dorme nelle camere stesse abitate dai malati, per modo che, in caso di pericolo, può sempre essere chiamato ad aiutare gli infermieri in servizio che temessero di venire sopraffatti.

 

Tutti gli infermieri, uomini e donne, hanno da 10 a 15 giorni di permesso all'anno, durante i quali percepiscono anche il compenso-vitto e lo stesso compenso-vitto hanno per le 24 ore di libertà settimanale. Di più, dopo la guardia, il personale maschile ha una nottata libera. Tutti gli infermieri hanno diritto a pensione dopo 25 anni di servizio e a questo scopo non rilasciano nessuna quota.

 

La pesatura dei malati non è periodica, né generalizzata, ma entro il corrente anno, quando cioé saranno rientrati in servizio gli infermieri attualmente ancora sotto le armi, lo diverrà certamente. Di regola, i bagni di pulizia vengono fatti due volte al mese. Il vitto viene distribuito tre volte al giorno: alle 8 di mattina, alle 12 e alla sera. La dieta del malato è valutata scientificamente in calorie. Ai ricoverati è stato tolto il vino fino dal 1911 e dall'anno testè decorso è stato abolito anche per il personale di infermeria, al quale è invece corrisposto un equo compenso mensile in denaro.

 

Rapporti scritti con tutto il movimento e il servizio della sezione sono giornalmente redatti dai capiservizio, uomini e donne, ai quali gli infermieri di guardia presentano un rapporto sull'andamento del servizio diurno e notturno, sul numero dei sudici e sui colpiti da accessi epilettici. I medici danno per iscritto ai capisezione le loro ordinazioni. Le dimissioni avvengono prevalentemente in modo definitivo, eccezionalmente in via di prova.

 

Il lavoro che tiene occupata la maggior parte degli ammalati è, come già accennato, insieme alla clinoterapia, l'elemento fondamentale dell'assistenza dei ricoverati del Manicomio di Teramo. Ai malati che lavorano è corrisposta una piccola mercede e si concede loro un po' di tabacco. Attualmente, le occupazioni per i malati sono così rappresentate:

  • Direzione (pulizia degli uffici)
  • Servizi generali (lavanderia, magazzini, facchini)
  • Officine (sarti, falegnami, fabbri, stagnini, elettricisti, calzolai, materassai, pittori, muratori, legnaiuoli, lavori in paglia, lavori in vimini, lavoraizone delle scope, aiuto barbiere)
  • Colonia agricola (campagnoli, ortolani, addetti alla vaccheria, addetti alla coniglieria, addetti al porcile)
  • Pulizia dei locali del Manicomio e delle scale del palazzo dell'Amministrazione.

 

Le occupazioni delle malate sono invece così rappresentate:

  • Servizi generali (cucina, guardaroba)
  • Officine (tessitrici, ricamatrici, calzettaie, lavorazione scarpe e pantofole con suola in vimini, materassaie, filatrici)
  • Colonia agricola (campagnole, pollaio, pulizia delle sezioni).

 

Nel Manicomio di Teramo regnano quasi sempre l'ordine e la quiete, e solo eccezionalmente (e in maniera del tutto transitoria) vengono turbate. L'organizzazione attuale dell'Istituto comunque è tale, malgrado le difficoltà dovute all'edilizia e alla postura sua nella zona urbana della Città, da permettere su vasta scala l'occupazione dei malati.

 

Salvo casi eccezionali, è stato ed è mio intento (che vado ogni giorno perseguendo) che i ricoverati del Manicomio da me diretto si debbano suddividere in due grandi categorie: individui che rimangono a letto, acquistando così sempre meglio l'idea della malattia che li affligge, per cui non possono lavorare, ed individui che lavorano. Si può dire che a Teramo un buon terzo fa la cura del letto e dei rimanenti, meno di un quarto sta inoperoso e più di due terzi lavorano.

 

Per estendere il lavoro al maggior numero possibile di ricoverati, ho dovuto provvedere il Manicomio di locali adatti, ché quelli che esistevano erano del tutto insufficienti. Ottenni l'intento con molta facilità ed economia, trasformando le celle di isolamento che esistevano nella sezione uomini in altrettante officine. Attualmente, nella sezione donne, esistono due sole stanze di isolamento le quali però, come accennato, vengono occupate solo durante la notte da due alienate aggressive. Nella sezione uomini, all'opposto, non ne esiste alcuna perché non possono essere considerate celle d'isolamento nel vero senso della parola le camerette che sono divise dalle sale di clinoterapia per gli agitati da una porta-cancello. I pazienti (tutti aggressivi) in esse ricoverati transitoriamente e solo in via eccezionale durante il giorno non sono lasciati a loro stessi perché di continuo sorvegliati dagli infermieri di servizio. E mentre per le loro tendenze stanno isolati dai ricoverati che tali tendenze non hanno, nello stesso tempo partecipano della loro stessa vita.

 

Con l'abolizione dunque delle celle d'isolamento, potei istituire nelle sezione uomini la calzoleria e la sartoria, in aumento alle officine che già esistevano del fabbro, del falegname e del pittore. Nei cortili degli agitati e semiagitati adottai il più largamente possibile il lavoro della paglia. I prodotti di detto lavoro (ventole, cappelli, sporte) vengono forniti in abbondanza, oltre che al Manicomio, anche ad altri Istituti di beneficenza cittadini. Il sopravvanzo viene venduto sul pubblico mercato e, col ricavato della vendita, si coprono quasi completamente le spese di acquisto della materia prima.

 

Nella seconda metà del 1917 fui costretto, per gli alti prezzi di acquisto del cotone, a rinunziare alla lavorazione dei tessuti, lavorazione che in antecedenza provvedeva largamente il Manicomio di stoffa per materassi, stoffa per vestiti di inverno (lana e cotone) e di estate (cotone) per malati ed infermiere, cotonina per mutande, sottane, grembiali e fazzoletti da naso.

 

Nell'anno testè decorso è stato fatto l'esperimento di estrarre la fibra tessile dalla ginestra, come da qualche tempo si va facendo con buoni risultati nel Manicomio di Girifalco. I risultati finora ottenuti non sono stati brillanti, ma ciò non toglie che i tentativi saranno ripetuti e che il nostro intento (quello cioé di fare stoffe per coperte da laceratori e sacchi da imballaggio) sarà presto raggiunto.

 

Col materiale ricavato dalla demolizione dei muri divisori delle celle e dei loro rispettivi cortiletti è stato pavimentato in economia (in parte anche coll'opera manuale dei ricoverati) il cortile che sta dinanzi alle officine del falegname, del fabbro-meccanico e del pittore. La manutenzione muraria degli edifizi manicomiali è inoltre fatta quasi esclusivamente dagli alienati.

 

Col ferro ricavato dalla abolizione di un numero inverosimile di inferriate e di armature in ferro che esistevano per le scale e per gli ambienti dei singoli reparti, si è potuta alimentare (senza altra spesa di acquisto e senza avere ancora finite le riserve) nel 1917 e nel 1918 l'officina del fabbro-meccanico.

 

La stagnatura degli utensili che servono per le cucine di tutti gli stabilimenti tenuti dalla Congregazione di carità (Manicomio, Ospedale, Orfanotrofio e Brefotrofio) venne nel 1918 completamente assunta ed eseguita dagli alienati. Come pure, unicamente da questi, furono fatte tutte le riparazioni alla conduttura dell'acqua, alle caldaie dei bagni, agli infissi, ai letti, alle panche, alle sedie, alla luce elettrica e ai campanelli elettrici.

 

Nel 1917, inoltre, i ricoverati del Manicomio hanno provveduto i magazzini di una grotta (scavandola nella cantina) per la conservazione della carne, che da due anni appunto viene macellata in economia, mercè l'abilità e la solerzia veramente encomiabile, del signor economo.

 

In questi ultimi due anni, nella sezione uomini non si ebbe a deplorare nessun contenuto né di giorno, né di notte. Quando poi la contenzione meccanica fu applicata, lo fu o per ragioni esclusivamente chirurgiche o perché trattavasi di individui che simulavano la pazzia con violenti episodi di agitazione e di aggressività. Per i veri malati di mente in istato di agitazione non si ricorse all'applicazione di mezzi coercitivi: furono più che sufficienti il temporaneo isolamento, la clinoterapia, i bagni tiepidi (che non stati mai prolungati al di là di un'ora o un'ora e mezza) o l'impacco caldo-umido; solo eccezionalmente furono utilizzati sedativi chimici. La scomparsa della ioscina dal mercato non è stata per nulla risentita nel nostro Manicomio, dal quale in linea generale sono banditi gli ipnotici.

 

Ho altresì tentato l'esperimento dell'assistenza femminile nei reparti maschili e ciò mi ha dato risultati veramente insperati, cosicché vado coltivando l'idea di sostituire, non appena i locali me lo permetteranno, le donne agli uomini nei reparti di infermeria e di clinoterapia, assegnando all'assistenza del personale maschile i prosciolti, i cosiddetti malati pericolosi per le loro periodiche agitazioni e per la fuga.

 

Nella sezione donne, invece, il no-restraint, se esiste di fatto per quanto riguarda gli scarsi episodi di agitazione delle ricoverate, non è applicato alle pazienti che si mostrano laceratrici incorreggibili. Queste alienate sono in numero di quattro (affette da demenza precoce nel suo stadio terminale e da imbecillità grave) e, se libere, producono notevoli danni all'Amministrazione. Sono giunto a questo grave provvedimento dopo avere tentati tutti i mezzi di correzione (bagni prolungati, clinoterapia, ergoterapia, permanenza continuata delle quattro alienate a contatto immediato di malate tranquille e lavoratrici, di infermiere e di suore). Probabilmente questa irriducibile tendenza alla distruzione dipende dal fatto che dette ricoverate, da lunghi anni ormai ospiti del Manicomio, erano state in antecedenza tenute inoperose e troppo spesso segregate in cella».

 

 

CONSIDERAZIONI E PROPOSITI FUTURI

Nella relazione emergono altresì interessanti considerazioni: «Il Manicomio fondato dal Dott. Berardo Costantini si è aperto con pochi malati. Questo numero è andato man mano aumentando, dal momento che la pazzia, se non in senso assoluto per lo meno in senso relativo, ha evidente tendenza a diffondersi.

 

Le cause che mantengono e diffondono la pazzia rappresentano un tema dei più ardui e complessi, poiché alla genesi delle cause determinanti non concorre, come per gli altri morbi, una causa unica e ben determinabile, ma un insieme di complicati fattori fisici e psichici, individuali e sociali. È infatti ammesso da tutti che detti fattori sono da attribuirsi alla diffusione delle cause tossiche ed infettive, alle emozioni intense e molto svariate, al surmenage psichico dovuto alla febbrile attività del pensiero. Ora, in questo paese montuoso dove la lontananza e le comunicazioni coi grandi centri industriali e quelle con lo stesso Capoluogo sono tutt'altro che facili, dove la grande maggioranza della popolazione mena la vita semplice dei campi, dove fortunatamente è sconosciuta la lotta per la vita, dove manca l'intossicazione pellagrosa e dove l'alcoolismo e la sifilide non sono molto diffusi; in questo paese, dico, è ovvio che la pazzia in linea assoluta non sia in aumento».

 

Per quanto riguarda gli intendimenti per il futuro e i propositi per l'ulteriore, moderno sviluppo della struttura, il Direttore così si espresse: «Molto in questi ultimi anni è stato fatto per migliorare le condizioni del Manicomio da parte della onorevole Amministrazione della Congregazione di carità, la quale malgrado la difficoltà dei tempi ha fatto di tutto per seguirmi nelle riforme. Moltissimo, anzi il più, resta però ancora da farsi per dare all'Istituto un assetto definitivo, rispondente in tutto e per tutto alle esigenze della legge e dei postulati della moderna psichiatria.

 

Il primo problema che deve essere posto e risolto non appena le condizioni del mercato saranno tornate normali è quello edilizio. Tutti gli edifizi attualmente occupati sono da abbandonarsi, ma poiché questo radicale sistema urterebbe contro difficoltà economiche così gravi da rendere assai difficile, o per lo meno non sollecita, la costruzione organica di un Manicomio completo, sarei di avviso, almeno in via transitoria, di conservare gli attuali padiglioni per allogarvi comodamente i due reparti, maschile e femminile, di osservazione e di vigilanza continua, le infermerie, i prosciolti, i clamorosi abituali e i ricoverati a tendenze aggressive.

 

Nei cameroni a pianterreno, che attualmente sono adibiti a dormitorio per epilettici e semiagitati, potrebbe venire trasportata la lavanderia, la quale presentemente, distaccata com'é dal Manicomio, è assai dispendiosa non solo perché su di essa l'economo non può esercitare la necessaria sorveglianza, ma anche perché ad essa possono venire soltanto adibiti i malati più tranquilli, innocui e sicuri, dovendosi per accedervi percorrere 500 metri di pubblica via e scorrendo nelle immediate adiacenze della lavanderia il torrente Vezzola che può per se stesso rappresentare un certo pericolo. Per tutte queste ragioni, assai esiguo è il numero di alienati addetto a questo servizio e, non superando mai il numero di 8, è resa necessaria l'opera di personale salariato che attualmente è di 12 operaie. Alla lavatura potrebbero senza inconvenienti essere destinati anche malati clamorosi, nonché i deliranti non aggressivi e i criminali prosciolti. Si otterrebbe così il duplice intento di ridurre notevolmente il costo della lavatura (attualmente enorme) e di sfruttare, con grande vantaggio della loro salute, le energie di tanti ricoverati che altrimenti sarebbero in gran parte condannati all'ozio.

 

La vigente legge sui Manicomi e sugli alienati stabilisce all'art. 4 che ogni Istituto deve avere, oltre ai gabinetti scientifici, ai locali di osservazione, a quelli per malattie infettive e per ricoverati in osservazione giudiziaria, anche locali di isolamento per i pericolosi ricoverati definitivamente. Fortunatamente, i criminali appartenenti alla Provincia di Teramo e ricoverati nel Manicomio sono in numero assai esiguo (attualmente sette) e tutti veramente malati di mente. Non vi sono pazzi morali, ragione per cui, anche per questo motivo, non si sente il bisogno della costruzione dentro al Manicomio di locale speciale a tipo carcerario. Un simile locale, nel Manicomio di Teramo, oltre che una superfetazione, rappresenterebbe anche una ingente spesa e obbligherebbe ad inaugurare mezzi restrittivi veramente carcerari per per fortuna ormai sono scomparsi. La cosa, inoltre, renderebbe vane la nostra tendenza e la nostra ferma volontà di dare al Manicomio sempre più l'aspetto e l'assetto ospedaliero.

 

Inoltre, poiché è mia convinzione che il Manicomio debba avere, all'infuori della funzione curativa, anche funzione educativa, faccio voti che in tempi non lontani le pubbliche amministrazioni della Provincia di Teramo si persuadano che la questione manicomiale è questione sociale di alta importanza. La società non deve guardare il nostro Manicomio e gli alienati con dispregio, ma deve mirare ad un fine più nobile e più alto: non quello del ricovero e della sicurezza, ma quello sociale ed umanitario.

 

Il Manicomio ha altresì il dovere di cercare con ogni mezzo, e primo con quello della propaganda, di diminuire le cause di pazzia, diffondendo e volgarizzando tutte le nozioni della scienza che riguardano i tossici. Ed è per questo che ritengo opportuno istituire nel Manicomio periodici trattenimenti per illustrare e volgarizzare tutti i danni (come quelli dell'alcoolismo e della sifilide) sia sull'individuo, sia sulla specie, e che a detti trattenimenti vi assistesse largamente la gioventù studiosa e quella operaia, le madri e le spose.

 

So bene che un sorriso ironico sfiorerà il labbro non di uno, ma di molti individui che per la loro posizione sociale sarebbero in obbligo di porsi e di studiare a fondo il problema e che molti, se non tutti, faranno commenti agrodolci o aspri, certo forse poco lusinghieri per me. Non importa. Il sorriso e l'ironia non spegneranno l'ardente fede che mi anima e sì gravi problemi, checché dicano i miopi, finiranno con l'imporsi da se stessi».

 

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