DAL 1881 AL 1923

di Fabrizio Primoli

 

«Qui solamente pochi, forse neppure i veri». Questa era la targa che fino alla metà degli anni sessanta del novecento era posta al di sopra del portone dell'ingresso principale del complesso ospedaliero di Porta Melatina, successivamente fatta rimuovere dall'allora Direttore, Prof. Carlo Romerio.

 

Il nucleo embrionale di quello che poi diverrà l'Ospedale Psichiatrico di Teramo, come descritto nelle pagine che precedono, va individuato nel luglio 1881, quando su iniziativa dell'allora Presidente della Congregazione di carità, Berardo Costantini, venne istituita in apposita sala al piano terra dell'edificio dell'Ospizio di Sant'Antonio Abate una specifica Sezione riservata ai pazienti affetti da disturbi di carattere psichico.

 

La scelta di occuparsi delle malattie mentali, attraverso la creazione di una struttura per accogliere i malati, fu assolutamente strategica per la Congregazione di carità: ben presto affluirono nell'Ospedale Psichiatrico di Teramo uomini, donne e bambini allontanati dalle famiglie, dagli altri ospedali, dagli orfanotrofi, dai ricoveri di mendicità e dalle carceri.

 

Sul finire dell'ottocento, le condizioni di vita della popolazione abruzzese, e quella teramana in particolare, erano assai difficili: malnutrizione, alta mortalità infantile, alloggi precari ed insalubri, carenze igieniche e sanitarie del territorio, costituirono le vere cause esogene influenti lo stato fisico e mentale dei cittadini. La nascente Sezione manicomiale, nata per fornire asilo e assistenza ai cosiddetti alienati mentali, divenne ben presto, soprattutto negli anni del grande internamento manicomiale (tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo), ricovero anche per malati le cui patologie erano legate soprattutto alle condizioni di assoluta povertà e indigenza: malaria, tubercolosi, pellagra, epilessia, sifilide, ma anche soggetti dalla condotta morale poco ortodossa, alcolizzati, prostitute e affetti da deficit intellettivi più o meno severi. Tutte categorie di emarginati, in sostanza, i cui disturbi avevano alterato in qualche modo la psiche.

 

Il primo «malato di mente», come minuziosamente descriverà il futuro Direttore, Prof. Guido Garbini, nella sua relazione del marzo 1919, ad essere assistito nella Sezione manicomiale appena istituita «fu una donna vedova, cinquantenne».

 

All'inizio non si ritenne di dover dotare la nuova struttura di appositi locali autonomi, tenuto conto dell'esiguo numero di ricoverati (20 in totale, di cui 7 uomini e 13 donne) e della casistica clinica ancora piuttosto semplice, ma già nel 1893, con l'ingresso di pazienti provenienti dalle altre province abruzzesi e soprattutto da fuori Regione, divenne di primaria importanza reperire locali per le necessità di cura e assistenza di pazienti che avevano progressivamente raggiunto una presenza di 203 unità.

 

La Congregazione di carità assegnò alcuni edifici, contigui alle già esistenti strutture ospedaliere ma adibiti sino a quel momento ad altre finalità, ed edificò nel 1894 un nuovo edificio adiacente a quelli già esistenti. Negli anni tra il 1895 e il 1900, continuò incessantemente l'opera di ampliamento dell'Ospedale Psichiatrico acquistando e realizzando edifici limitrofi.

 

Nei primi periodi che seguirono l'inaugurazione della Sezione manicomiale e per circa dieci anni, le funzioni mediche e di assistenza ai degenti furono espletate, come già detto in precedenza, da personale religioso e laico dell'Ospizio presso cui era ospitata tale Sezione. Lo stesso Presidente della Congregazione di carità, Berardo Costantini, prestò la propria opera per l'assistenza e la cura dei pazienti ricoverati.

 

Se, come accennato sopra, nel 1893 i ricoverati si attestarono sulle 203 unità, nel gennaio dell'anno precedente la popolazione manicomiale era stata di 185 individui: 110 uomini e 75 donne.

 

Quando Berardo Costantini abbandonò la guida della Sezione manicomiale, dopo circa dieci anni di servizio nella stessa, spettò ai pochi medici stabilmente presenti assicurare le attività di organizzazione e coordinamento dell'assistenza, svolgendo di fatto le funzioni del Direttore: si trattò di Tommaso Gaspari e Lorenzo Paris, coadiuvati da Cleto Pierannunzi (che in seguito verrà nominato Vice Direttore della Sezione manicomiale).

 

 

RAFFAELE ROSCIOLI

I servizi psichiatrici furono dotati di un corpo sanitario del tutto autonomo solamente quando la Congregazione di carità bandì il primo concorso pubblico per la Direzione, ormai vacante da tempo: era il mese di agosto 1892. Vincitore risultò il Dott. Raffaele Roscioli, già medico nell'Ospedale Psichiatrico Vittorio Emanuele II di Nocera Inferiore e Direttore, in quel momento, della struttura privata Fleurent di Napoli. A lui fu dunque affidata, dal 1892 al 1916, la Direzione della Sezione manicomiale teramana.

 

L'esperienza maturata nella struttura campana, permise al nuovo Direttore, attraverso la preparazione di un primo regolamento interno, di impostare una prima organizzazione nella struttura teramana che da lì a qualche anno, sarebbe diventata punto di riferimento psichiatrico regionale e, poi, nazionale.

 

«Con la nomina del Roscioli» ricorda il Prof. Guido Garbini «si cominciarono ad osservare metodicamente i ricoverati e a redigerne la storia clinica». Fu indubbio merito del Dott. Roscioli l'aver avviato una prima trasformazione del complesso manicomiale teramano, introducendo una seppur sommaria valutazione scientifica dei casi e delle patologie. Al tempo stesso, il progressivo abbandono dei sistemi di coercizione dei ricoverati (il cosiddetto no-restraint) e l'introduzione dell'ergoterapia come strumento terapeutico non più riservato a fattispecie eccezionali ebbero il vantaggio di contribuire a rendere autosufficiente, attraverso l'attività lavorativa dei pazienti, la Sezione manicomiale.

 

Il 21 febbraio 1905 il Direttore istituì una colonia agricola, sita nei pressi del torrente Vezzola, di estensione pari a sei ettari (che, già nel 1918, divennero poco meno di otto). Nelle adiacenze della colonia nelle altresì realizzata una piccola residenza, collegata al complesso di Porta Melatina «a mezzo di linea telefonica e con un tronco, costruito nel 1911, di strada carrozzabile», nella quale alloggiavano i circa 20 pazienti «tranquilli» adibiti alla coltivazione di ortaggi, barbabietole e grano, nonché all'allevamento di piccoli animali.

 

In precedenza, nel gennaio 1894, vennero trasferiti  a Teramo 36 pazienti aquilani, sino a quel momento ricoverati presso il citato Manicomio Fleurent di Napoli. Alla luce di questo, il Direttore fece realizzare un nuovo fabbricato «in proseguimento degli antichi locali». Era costruito su due livelli, con camerate ampie e ben areate «capaci ciascuna di 15 letti al massimo e intercomunicanti, nonché al tempo stesso disimpegnate da un ampio e luminoso corridoio a volta». L'aumento continuo della popolazione manicomiale, aggravato tra l'altro dall'arrivo nel 1903 di un ulteriore gruppo di pazienti dei manicomi romani, anch'essi sovraffollati, spinse la Congregazione di carità e la Direzione  della struttura manicomiale di Sant'Antonio Abate ad intraprendere, ancora una volta, lavori di ampliamento logistico dei locali: in quello stesso anno difatti fu realizzato un piccolo padiglione costituito da sei grandi camere intercomunicanti. Furono dunque acquistate «tre case ad esso adiacenti che, opportunamente modificate e collegate, servirono da dormitori ed infermeria al primo piano e, al secondo, da guardaroba e da stanze di lavorazione per il materassaio».

 

Fu proprio stimolo che il Direttore Roscioli diede all'ergoterapia, difatti, ad aver reso la struttura psichiatrica di Porta Melatina quasi del tutto autosufficiente per i propri bisogni. L'attività lavorativa dei ricoverati, nonostante le difficoltà dovute sempre alla cronica carenza di locali, determinò la nascita delle prime officine interne del calzolaio, del sarto, del falegname, del fabbro. Oltre alle lavorazioni di paglia, scope e materassi. I pazienti inoltre erano impegnati nella pulizia dei locali, nella lavanderia e nei magazzini. Le donne si occupavano prevalentemente di cucina, tessitura, ricamo e cucito.

 

Nel 1910 venne altresì inaugurato un «asilo speciale per alienati cronici e tranquilli, con trattamento ed assistenza meno dispendiosa che per gli alienati acuti» presso i locali di proprietà della Congregazione di carità in Corso di Porta Romana.

 

Impegno costante del Roscioli fu anche la qualificazione professionale del personale, che a quel tempo veniva reclutato senza una formazione specifica: a vigilare sui degenti, in effetti, erano principalmente persone dotate di forza fisica e con metodi rozzi e violenti. Il Direttore avviò, tra l'altro, una scuola professionale interna per infermieri, rimasta in funzione per anni e soppressa, di fatto, nel 1915. Fu anche indicato con precisione l'organico per personale medico del Manicomio teramano: oltre al Direttore, figuravano un Vice Direttore e tre ulteriori medici assistenti.

 

Il Roscioli, in buona sostanza, ebbe il merito di aver introdotto nel complesso ospedaliero una prima metodologia scientifica, attraverso lo studio analitico delle manifestazioni comportamentali e la redazione delle cartelle cliniche individuali. E, parallelamente, suoi furono anche i meriti derivati dal continuo miglioramento logistico degli edifici, dall'istituzione della colonia agricola e dell'«asilo speciale», dalla strutturazione dell'organico e della formazione del personale, dal lento abbandono della pratica dell'isolamento per i pazienti agitati, dall'uso generalizzato del no-restraint e dell'ergoterapia, «divenuti di carattere assoluto nel biennio 1908-1909», quando il numero dei degenti raggiunse le 601 unità.

 

Alla luce di ciò, non può sfuggire al lettore il ruolo senz'altro positivo avuto dal Roscioli nell'ottica di un notevole progresso avuto dall'assistenza psichiatrica locale nel periodo dal 1892 al 1916.

 

 

GUIDO GARBINI

Alla scomparsa del Dott. Roscioli non seguì, anche a causa degli eventi della prima guerra mondiale in corso in quel periodo, l'immediata sostituzione del vertice del Manicomio teramano. Nel 1917, finalmente, la Congregazione di carità bandì il concorso per il nuovo Direttore e l'incarico venne affidato al Prof. Guido Garbini, già primario e docente presso le Università di Roma e di Perugia, che resterà in carica sino al 16 novembre 1919.

 

Il Garbini proseguì con solerzia l'opera di trasformazione e di ammodernamento dell'assistenza psichiatrica avviata dal precedente Direttore. Sotto la sua guida, che nonostante la brevità seppe lasciare segni indelebili, furono portati a parziale compimento i processi indispensabili affinché la Sezione manicomiale teramana potesse divenire compiutamente, nella sostanza oltre che nella forma, Ospedale Psichiatrico vero e proprio.

 

Sotto la Direzione del Garbini, l'aspetto scientifico si collocò in prima linea nell'ambito del reclutamento del personale, così come in quello relativo all'assistenza ai pazienti, alla catalogazione delle patologie, alla diagnosi e alla terapia. Accanto alla ridefinizione dei sistemi di relazione con i degenti e allo sviluppo logistico dei fabbricati, il nuovo Direttore seppe rendere effettivamente la struttura teramana un luogo di cura e di educazione sociale, anziché di pura custodia, com'era avvenuto in passato.

 

Con il rafforzamento e l'incentivazione delle funzioni di educazione e riabilitazione sociale del Manicomio, il Prof. Garbini creò le premesse per la nascita di una struttura moderna. Introdusse nuovi laboratori clinici e una prima, straordinaria ed ancora esistente biblioteca. Ordinò la rimozione di una quantità assai rilevante di cancelli e inferriate. Provvide alla demolizione di alcune celle di isolamento, i cui mattoni divisori furono riutilizzati per la pavimentazione del maggiore dei cortili interni.

 

La monumentale relazione che il Prof. Garbini rimise, nel marzo del 1919, alla Congregazione di carità ci dà oggi un quadro straordinariamente dettagliato della situazione nella quale si trovava la struttura da questi guidata.

 

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