OSPEDALE PSICHIATRICO DI TERAMO Storia della Sanità Locale
OSPEDALE PSICHIATRICO DI TERAMOStoria della Sanità Locale

DAL 1882 AL 1900

di Fabrizio Primoli

 

La nuova Sezione psichiatrica istituita, come detto, nel 1881 si trovò progressivamente ad ospitare pazienti sempre più numerosi e, accanto al dato numerico in costante aumento, mutarono radicalmente anche la casistica e la complessità delle problematiche trattate, costringendo pertanto la Congregazione di carità ad incrementare a più riprese il numero di medici psichiatri e di personale laico e religioso in servizio nell'Ospizio di Sant'Antonio Abate. D'altro canto, l'aumento del numero dei degenti affetti da patologie mentali richiese spazi e locali via via maggiori, riducendo di conseguenza i locali del complesso ospedaliero destinati ad altri scopi. Nel gennaio del 1892 il numero dei degenti si attestò difatti sulle 185 unità.

 

Nel corso del 1896, grazie ad un contributo governativo di seimila lire, fu istituita nell'Ospizio anche la «sala del sifilicomio», come riportano le cronache del tempo. L'anno successivo, a seguito del lascito di seimila lire fatto dal senatore Vincenzo Irelli e del contributo di tredicimila lire messo a disposizione del comitato teramano di beneficenza, sorse sulla spiaggia di Giulianova l'Ospizio Marino destinato all'accoglienza dei bambini «rachitici e scrofolosi».

 

Gli anni del grande internamento manicomiale, nel frattempo, erano ormai tristemente iniziati: fra la fine dell'ottocento e i primi del novecento, come si vedrà meglio in seguito, il numero degli assistiti nella nuova Sezione psichiatrica crebbe al punto tale da costringere Congregazione di carità e Direttori del momento a continui interventi di carattere edilizio e logistico per ingrandirne i locali, riducendo nel contempo gli spazi destinati ai reparti di Medicina e di Chirurgia, dei quali si componeva all'epoca l'Ospizio.

 

Le attrezzature tecniche del resto dell'ospedale vennero anche rinnovate del tutto alla fine dell'ottocento ma, come riportano diversi verbali redatti a cura della Congregazione di carità, «l'ospedale civile affogava letteralmente sempre di più nell'ambito degli spazi riservati al manicomio».

 

Scrisse il Prof. Antonio Merlini, componente della Congregazione di carità di allora: «lo zelo disinteressato e la saggezza degli amministratori furono efficacemente coadiuvati e sorretti dall'opera altamente umanitaria e benefica dei sanitari dell'ospedale, i quali ne accrebbero il lustro e la rinomanza».

 

I medici che, negli anni, prestarono la loro attività nell'Ospizio furono piuttosto numerosi: oltre allo stesso Berardo Costantini, si riportano i nomi di Giulio Franciosi, Luigi De Santis, Romagna e De Marinis, Berardo Trosini, Pasquale Siniscalchi, Agostino Palombieri, Camillo Urbani, Lorenzo Paris, Tommaso Gaspari, Beniamino De Nigris-Urbani e Tommaso Pirocchi.

 

«Per molto tempo» scrisse il Merlini «essi diedero la loro opera a titolo completamente gratuito, donando anzi all'ospedale e ai poveri, e qui ricordo l'orologio e la barella offerta da Camillo Urbani (prima di allora i malati venivano trasportati a spalla dagli infermieri), il gabinetto di analisi arredato da Lorenzo Paris (per onorare la memoria del diletto figlio Bastianino, così presto e crudelmente rapito al suo affetto), il gabinetto radiologico acquistato per pubblica sottoscrizione promossa da Paris stesso, che vi concorse generosamente».

 

Questi medici, evidentemente, trovarono l'Ospizio in condizioni assai misere e al riguardo «seppero anno per anno, pur con la scarsezza dei mezzi forniti dall'Amministrazione, migliorarne i locali e i servizi in modo che esso, sebbene posto sui vecchi fabbricati poco suscettibili di essere trasformati, fu in grado di rispondere alle moderne esigenze igieniche».

 

In quegli anni si accrebbe notevolmente, altresì, il movimento ospedaliero: nel periodo dal 1891 al 1904, i pazienti ricoverati nel complesso di Porta Melatina furono 3427 e quelli trattati ambulatoriamente furono 4999. Nel quadriennio 1904-1908, si ebbero 1411 ricoverati e 2140 pazienti trattati negli ambulatori.

 

La Congregazione di carità fu evidentemente molto grata al proprio personale medico, se lo stesso Merlini, in un suo testo, scrisse queste belle parole: «A Camillo Urbani, decano dei medici di tutta la provincia, che nella sua verde vecchiezza sa trovare ancora l'ardore e l'entusiasmo per le opere buone; a Lorenzo Paris, che ormai vecchio resta sulla breccia del lavoro e del dovere fra l'universale fiducia e l'affetto; a Tommaso Gaspari, a Beniamino De Nigris-Urbani, a Tommaso Pirocchi vada da queste pagine il nostro fervido e fervente saluto».

 

Il 20 giugno 1900 la Congregazione di carità di Teramo trasmise al Governo la proposta di uno Statuto interno dell'Ospizio di Sant'Antonio Abate. Il testo, con la sottoscrizione dell'allora Ministro Saracco, venne definitivamente approvato il 7 settembre 1900. Di seguito se ne riporta il testo integrale.

 

 

LO STATUTO DEL 1900

di Fabrizio Primoli

 

 

Art. 1 - L'Ospedale Civile di Sant'Antonio Abate trae origine dal lascito Zalfoni come dalla bolla del Vescovo di Teramo, Niccolò Arcioni, del 1323 e si sostiene con le rendite proprie, col ratizzo provinciale stabilito col regio decreto 28 ottobre 1831 n. 396. Ha sede nel Comune di Teramo ed è amministrato dalla Congregazione di carità.

 

Art. 2 - Ha per iscopo di curare tutte le malattie acute e le croniche guaribili, comprese le mentali per le quali ha una speciale Sezione. Sono escluse le malattie croniche incurabili.

 

Art. 3 - Ha inoltre un Ospizio sito nel Comune di Giulianova per la cura dei malati scrofolosi e rachitici.

 

Art. 4 - L'Ospedale avrà riparti separati per gli uomini e per le donne, così pure l'Ospizio Marino.

 

Art. 5 - Nell'Ospedale si ricevono a cura gratuita, nei limiti dei propri mezzi, gli ammalati poveri del circondario di Teramo.

 

Art. 6 - Il numero dei letti viene stabilito dalla Congregazione di carità in base alle rendite dell'Ospedale ed agli altri proventi.

 

Art. 7 - Potranno essere ammessi nell'Ospedale anche malati non poveri purché paghino le rette stabilite dal regolamento interno. Saranno ricevuti i malati di tubercolosi polmonare in un apposito locale che sarà all'uopo costruito.

 

Art. 8 - A curare gl'infermi sarà nominato per la Sezione Manicomio un medico Direttore ed un medico assistente e per la sezione Ospedale un medico chirurgo Direttore e due medici chirurghi assistenti. Ad ogni vacanza dei Direttori e degli assistenti, il Presidente della Congregazione provvederà coi concorsi per la nomina o per chiamata di persone con meriti elevati. Il passaggio di classe si verifica dopo sei anni di lodevole e non interrotto servizio. È permesso ai giovani medici di frequentare le sale dell'Ospedale dietro autorizzazione data dal Presidente della Congregazione, inteso il parere dei rispettivi Direttori. Vi sarà pure un farmacista patentato. Gli obblighi e i doveri di ciascuno, nonché gli stipendi, saranno determinati dal regolamento interno, come pure la cauzione che deve prestarsi dal farmacista.

 

Art. 9 - Gl'infermi di malattia mentale si ricevono solo a pagamento la cui obbligazione dovrà essere assunta da chi vi è tenuto per legge.

 

Art. 10 - Per essere ammesso nella sezione Ospedale l'infermo dovrà presentare domanda corredata dal certificato medico indicante la malattia da cui è affetto e dal certificato di povertà rilasciato dalla autorità competente.

 

Art. 11 - Un medico della sala esaminerà i certificati e visiterà l'infermo rilasciando analoga dichiarazione per l'ammissione dell'infermo stesso all'Ospedale.

 

Art. 12 - La Congregazione di carità eserciterà la sorveglianza dell'Ospedale.

 

Art. 13 - Spetta alla Congregazione di carità nominare i sanitari, gli ecclesiastici addetti all'assistenza degli infermi, gl'inservienti e di provvedere per le punizioni.

 

Art. 14 - All'assistenza degli ammalati saranno pure chiamate le Figlie della carità nel numero che si crederà necessario per le diverse sezioni. Esse sorveglieranno l'adempimento di tutte le prescrizioni mediche e si presteranno alla cura dei ricoverati.

 

Art. 15 - I farmaci sono forniti dalla Congregazione di carità, o mediante la farmacia propria o per l'appalto, nel caso venisse chiusa pure la farmacia dell'Ospedale.

 

Art. 16 - La Congregazione provvede al servizio sanitario e, sentiti i Direttori delle sezioni, dividerà gl'infermi per comparti di malattie speciali e di malattie comuni, assegnando a ciascun comparto il personale medico chirurgico.

 

Art. 17 - Tutto il personale addetto all'Ospedale dipende dalla Congregazione di carità.

 

 

1931: L'OSPEDALE PSICHIATRICO

di Fabrizio Primoli

 

Nel 1924 la Congregazione di carità decise di istituire, nell'ambito della sezione ospedaliera dell'Ospizio di Sant'Antonio Abate, due distinti reparti a cui furono assegnati altrettanti primari. Nascevano così le divisioni di Medicina e di Chirurgia.

 

A capo della divisione di Medicina fu posto il Prof. Dario Maestrini, a cui venne altresì conferito l'incarico di Direttore dell'intera sezione ospedaliera. Al Prof. Attilio Cermenati fu invece affidata la divisione di Chirurgia, oltre che la «sala di maternità, annessa al brefotrofio, per le gestanti illegittime».

 

Al fine di ovviare all'angustia dei locali, ormai del tutto insufficienti ad ospitare un numero di pazienti sempre crescente, anche a causa della contemporanea espansione logistica dell'attigua Sezione manicomiale, la Congregazione di carità nello stesso anno allestì, in parte ex novo e in parte riutilizzando e modificando i vecchi ambienti, quattro grandi corsie: due per la Medicina e due per la Chirurgia. 

 

«Migliorati in tal modo i locali della sezione ospedaliera, nonché il servizio di assistenza» scrissero i verbali di allora «crebbe di anno in anno il numero dei ricoverati, soprattutto nel reparto chirurgico, il cui movimento annuale supera il numero di 600 ricoverati con quasi altrettanti atti operativi, mentre il movimento di ambulatorio e pronto soccorso oltrepassa annualmente la cifra di 1500 malati nuovi».

 

Nonostante questi ultimi interventi di carattere edilizio, i problemi logistici dell'Ospedale di Porta Melatina continuarono a manifestarsi nel corso degli anni e contribuirono a suffragare l'ipotesi di una soluzione radicale e definitiva all'ormai annosa questione. Un rapporto del Prof. Antonio Merlini, a tal riguardo, informa che «il reparto chirurgico, ad esempio, ha dovuto funzionare e ha funzionato in effetto, ma con grande sacrificio del personale medico e degli infermieri, avendo a disposizione una sola stanza che serve nello stesso tempo per gl'interventi settici, per il pronto soccorso, per le visite di ambulatorio e, in due giorni al mese, anche per lo specialista otorinolaringoiatra».

 

Oltre a ciò, restava sul campo l'irrisolto problema della promiscuità dei locali con la Sezione manicomiale, che alla fine degli anni venti del novecento giunse ad ospitare le 800 unità. «L'Ospedale» come evidenzia in maniera assai singolare il Prof. Merlini «era a bagnomaria nel Manicomio!».

 

«Occorre quindi» prosegue Merlini «separare, anzi allontanare i due Istituti e dare ad entrambi una sistemazione definitiva, non solo per dovere d'igiene, ma anche per elementare senso di umanità verso chi soffre».

 

Non potendosi al momento predisporre la costruzione di una nuova sede per la Sezione manicomiale, si pensò di trasferire dunque il solo Ospedale. Fu il Prof. Attilio Cermenati, al quale il Comune di Teramo concesse anche la cittadinanza onoraria in virtù dei suoi meriti e dell'affetto generale che lo aveva sempre circondato, a proporre formalmente l'edificazione ex novo e in località separata di un nuovo complesso ospedaliero «rispondente alle esigenze moderne».

 

Sotto la presidenza del Dott. Giovanni Lucangeli, la Congregazione di carità nella seduta del 28 maggio 1925 deliberò «di abbandonare l'idea della costruzione di due padiglioni del nuovo Manicomio alla Fonte della Regina, allogando tutta la popolazione manicomiale nel comprensorio dei fabbricati esistenti a Porta Melatina (completati e sistemati convenientemente), compresi quelli attualmente occupati dall'Ospedale Civile, per il quale verrà costruito un nuovo fabbricato in apposita zona situata alla periferia della Città».

 

Fu così ufficializzata per la prima volta, dunque, l'intenzione di realizzare il nuovo Ospedale Civile di Teramo. La Congregazione di carità volle intitolarlo al Re Vittorio Emanuele III del quale ricorreva in quell'anno il venticinquesimo anniversario dell'ascesa al Trono.

 

L'incarico di redigere il progetto venne quindi affidato agli architetti Gino Benigni e Pio Ferretti: il primo di Roma ed il secondo di Teramo, già autore peraltro del restauro dell'antica chiesa di Santa Maria della Misericordia (oggi conosciuta come Casa del mutilato) nel 1928.

 

Come area edificabile fu scelto ed acquistato un terreno dell'estensione di circa 10.000 metri quadrati, esposto a sud e situato in ottima posizione alle porte della Città, lungo l'arteria viaria che attualmente è conosciuta come Viale Francesco Crucioli (e che allora era denominata Viale XX settembre). Fu quindi acquistato un secondo lotto di circa 20.000 metri quadrati, a completamento del primo, posto dietro di questo e ad esso contiguo.

 

Il progetto previde l'edificazione di «due padiglioni, medico e chirurgico, nonché un vicino dispensario antitubercolare, distanziati tra loro in modo che uno non faccia ombra al secondo e questo al terzo e che tutti e tre possano sufficientemente usufruire di aria, di sole e di luce».

 

In attesa che fossero completati i lavori di realizzazione del nuovo complesso, i servizi ospedalieri furono provvisoriamente alloggiati presso l'allora collegio della Gioventù italiana del littorio (sito in Via Taraschi): l'edificio venne così ridenominato padiglione Santo Spirito e fu parzialmente liberato non appena terminarono i lavori deliberati nel 1925 (restarono ospitati in questo immobile solo alcuni servizi che non avevano trovato posto all'interno dell'Ospedale Civile Vittorio Emanuele III, per poi essere definitivamente trasferiti nel nuovo e attuale complesso ospedaliero in località Fonte della Regina, attuale Villa Mosca, nel 1973).

 

Il nuovo Ospedale Civile Vittorio Emanuele III venne finalmente inaugurato il 10 maggio 1931. Negli anni cinquanta del novecento ne venne mutata la denominazione in Ospedale Civile Giuseppe Mazzini e venne quindi trasferito, nel 1973, nella nuova ed attuale sede di Piazza Italia in località Fonte della Regina (così denominata per la presenza dell'omonima sorgente), attuale Villa Mosca, nei pressi di quello che fu un altro gradioso presidio sanitario teramano: l'Ospedale Sanatoriale Alessandrini Romualdi, anch'esso realizzato dalla Congregazione di carità e inaugurato il 14 luglio 1934. Gli edifici dell'Ospedale Civile, così liberati, sono divenuti quindi sede del Rettorato dell'Università degli studi di Teramo e, in epoca più recente, sede della Residenza Universitaria.

 

I locali del complesso di Porta Melatina precedentemente occupati dalla Sezione ospedaliera, e dal 1931 ormai liberati, vennero quindi assegnati alla Sezione manicomiale, che fu finalmente in grando di espandersi senza ulteriori ostacoli logistici al fine di rispondere alle esigenze di una popolazione ricoverata sempre crescente. Dal 1931, dunque, l'intero complesso fu destinato esclusivamente all'assistenza psichiatrica.

 

Era formalmente nato l'Ospedale Psichiatrico.

 

L'Ospedale Sanatoriale

Ospedale Psichiatrico di Teramo

Sant'Antonio Abate

Via Aurelio Saliceti, 16

64100 Teramo

info@ospedalepsichiatrico.it

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